Valori


Aspetti fondanti

I valori in cui ci riconosciamo sono quelli della libertà, della pace, della sacralità della vita umana contro ogni forma di relativismo etico, della solidarietà, della sussidiarietà in un contesto di unità nazionale, dell'identità cristiana tradotta nella laicità dell'azione politica, della difesa della famiglia, nucleo essenziale della società, e dello spirito d'iniziativa e d'impresa.
Tutela della persona e del diritto naturale rappresentano baluardi insormontabili che non possono essere rimessi in discussione dal relativismo etico a partire dai diritti non negoziabili.
In tal senso parlare di politica non significa ridursi ad una costante e riduttiva mediazione tra posizioni contrapposte ma porre come punto di riferimento insostituibile dell’azione politica la centralità della persona, declinandola secondo le esigenze del mondo contemporaneo: affermare la centralità della persona oggi allora significa armonizzare la sfida della competizione globale con la tutela dei più deboli.
La famiglia è un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’identità e il futuro delle persone e della comunità sociale. Solo nella famiglia fondata sull'unione stabile di un uomo e una donna, e aperta a un’ordinata generazione naturale, i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa. La famiglia ha meritato e tuttora esige tutela giuridica pubblica, proprio in quanto cellula naturale della società e nucleo originario che custodisce le radici più profonde della nostra comune umanità e forma alla responsabilità sociale. Non a caso i più importanti documenti sui diritti umani qualificano la famiglia come “nucleo fondamentale della società e dello Stato”.
Anche in Italia la famiglia risente della crisi dell’Occidente - diminuzione dei matrimoni e declino demografico - e le sue difficoltà incidono sul benessere della società, ma allo stesso tempo essa resta la principale risorsa per il futuro e verso di essa si rivolge il legittimo desiderio di felicità dei più giovani. Nel loro disagio leggiamo una forte nostalgia di famiglia. Senza un legame stabile di un padre e di una madre, senza un’esperienza di rapporti fraterni, crescono le difficoltà di elaborare un’identità personale e maturare un progetto di vita aperto alla solidarietà e all'attenzione verso i più deboli e gli anziani. Aiutiamo i giovani a fare famiglia.
A partire da queste premesse antropologiche, siamo certi che la difesa della famiglia sia compito primario per la politica e per i legislatori, come previsto dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. La nostra intenzione è adoperarci affinché il Parlamento attivi un progetto organico e incisivo di politiche sociali in favore della famiglia: per rispetto dei principi costituzionali, per prevenire e contrastare dinamiche di disgregazione sociale, per porre la convivenza civile sotto il segno del bene comune.
L’emergere di nuovi bisogni merita di essere attentamente considerato, ma auspichiamo che il legislatore non confonda le istanze delle persone conviventi con le esigenze specifiche della famiglia fondata sul matrimonio e dei suoi membri. Le esperienze di convivenza, che si collocano in un sistema di assoluta libertà già garantito dalla legislazione vigente, hanno un profilo essenzialmente privato e non necessitano di un riconoscimento pubblico che porterebbe inevitabilmente a istituzionalizzare diversi e inaccettabili modelli di famiglia, in aperto contrasto con il dettato costituzionale. Poiché ogni legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e mentalità, siamo convinti che siano sufficienti la libertà contrattuale ed eventuali interventi sul codice civile per dare una risposta esauriente alle domande poste dalle convivenze non matrimoniali.

“Progetto per l’Italia”: un’opportunità nuova

Il Movimento Progetto per l’Italia vuole rappresentare un'opportunità nuova in grado di non riproporre soggetti politici del recente passato e di offrirsi come luogo di partecipazione, di proposta, di elaborazione, di confronto democratico, un po’ movimento e un po’ partito organizzato, al riparo dai rischi tanto del modello del partito ideologico, quanto di quelli del mero comitato elettorale.
Un soggetto aperto, che metta l'accento sul metodo democratico, che raccolga gli elementi del suo programma dalle esigenze che emergono dal vivo della lotta politica e sociale proponendosi come interlocutore attento e sensibile dei processi di trasformazione della società e della domanda di rappresentanza, impegnato a ridare un'anima alla politica. Un soggetto attento al tempo stesso alla ricchezza e all'autenticità della dimensione locale, nonché all'orizzonte internazionale, un partito strutturato su basi federali, ma in grado di proporre una sintesi nazionale.

Una nuova stagione dei diritti

Un ordine mondiale democratico può esser costruito se si ricerca la sintesi tra crescita economica, sviluppo umano, coesione sociale e democrazia reale. Questa prospettiva deve porsi l'obiettivo di coniugare forme della libertà, giustizia sociale ed equità, ed insieme costruzione negoziata di regole e riconoscimento delle differenze culturali. A questo fine sono ugualmente determinanti la democratizzazione degli organismi internazionali e lo sviluppo di forme di autogoverno locale.

Il Movimento Progetto per l’Italia mira a offrire un contributo originale alla creazione di uno spazio pubblico in cui si esprimano cittadini consapevoli, alla promozione della responsabilità della persona a tutti i livelli, alla ricerca dell’integrazione tra forme della responsabilità tipica del sistema politico ed espressioni dell’azione nella società.
Proponendo questa globalizzazione si restituisce alla città innanzitutto, ed in generale ai molti livelli politici e sociali del governo locale, una quota di quella sovranità che aveva messo capo allo Stato per molti secoli.
Alla globalizzazione dei mercati deve corrispondere la globalizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
I diritti civili e politici, ormai consolidati nelle democrazie liberali, non possono essere disgiunti dai diritti sociali, se si vuole che le libertà individuali vengano estese al maggior numero possibile di individui.
Dallo sviluppo socio-economico e scientifico-tecnico emergono oggi le rivendicazioni dei nuovi diritti attinenti alla qualità dell'ambiente, alla tutela della privacy, alla trasparenza delle funzioni pubbliche, alla equa fruizione dei risultati della ricerca scientifica, alle nuove tecnologie di comunicazione, alla convivenza interculturale.

Il primato della società sullo Stato

La storia del XX secolo - che non è stato un secolo breve - ha sortito soluzioni non previste ad un problema che era e rimane la questione cruciale della democrazia. Il limite storico delle istituzioni liberal-democratiche, che ancoravano la partecipazione politica unicamente al momento elettorale, aveva alimentato, per reazione, la convinzione che una diversa distribuzione del reddito fosse sufficiente al riscatto delle classi subalterne.
L’allargamento e la crescita del diritto di cittadinanza - da quella civile a quella politica e quella sociale - configurano oggi una condizione di garanzia, del tutto nuova rispetto al passato, per il processo democratico.
Diventa così essenziale il modo con il quale tali diritti vengono riconosciuti e tutelati dall'ordinamento di uno Stato sociale rinnovato, ma non demolito. Che va ricostruito non tanto sulla scorta di prestazioni da organizzare, quanto e piuttosto sulla individuazione di diritti da tutelare. Bisogna allora passare dall'organizzazione delle prestazioni dentro una rete di strutture burocratiche alla tutela del bisogno, la cui assenza configura la lesione di un diritto.
Perché solo una persona che venga posta nella condizione di esercitare pienamente il suo diritto ad essere sana ed istruita ed a godere di un minimo di tutela sociale è davvero libera di concorrere alla difesa e alla costruzione del processo democratico.
Considerazioni analoghe si devono fare per la tutela del lavoratore dentro i meccanismi del sistema produttivo. La struttura dell’impresa è patrimonio non solo dell’imprenditore, ma anche del lavoratore. Rischio d’impresa e condizione del lavoratore debbono essere collocati in un contesto comune e insieme tutelati.
Solo in rapporto a questo contesto la flessibilità rappresenta un’esigenza oggettiva per la vita dell’impresa e non diventa una condizione di debolezza del lavoratore e quindi di dominio dell'imprenditore. Decisivo è il ruolo del sindacato nel contrastare la frammentazione individuale della forza lavoro e dunque la condizione di debolezza dei lavoratori.
La riscoperta del principio di sussidiarietà - che non è il ritorno brutale del privato, ma una forma più concreta di individuazione dell'interesse comune - a fronte del deperimento della struttura dello Stato nazionale accentratore è l'architrave di una nuova concezione dell’ordinamento.
A partire da una nuova visione dello stato, la persona - con la sua nuova dimensione culturale-giuridica è il punto di partenza, ma anche il fine del nuovo ordinamento giuridico. Cellule prime della sovranità sono la persona e la comunità. Gli ordinamenti superiori non hanno natura gerarchica, ma sono organizzati al fine di garantirne una tutela che, estendendosi ad altre persone, configura l’interesse generale o bene comune.
Il "pubblico" non corrisponde più alla tutela di un interesse generale astratto, ma allo spazio,
comunque individuato, del bisogno di una comunità territoriale o di interessi.
Siamo dunque di fronte ad un orizzonte nuovo, ove collocare l’interesse generale, la cui garanzia è data non tanto da una risposta uniforme quanto da una regola comune.
E' superata così la concezione della norma come garante di un interesse astratto - in radicale contraddizione con l’insegnamento romanistico ex facto oritur ius - slegato dalla diversità delle fattispecie concrete in cui si manifesta.
La persona non è garantita perciò per il grado di libertà cui aspira, ma per le sollecitazioni attive a misurarsi dentro regole comuni atte ad arbitrare il conflitto con altre persone.
Personalismo e responsabilità sono dunque i termini chiave di un moderno riformismo, ove il valore della persona e l'assunzione di responsabilità sono obiettivi della politica.
La democrazia legittima la esistenza di interessi particolari che, rimanendo tali, trovano in essa le regole necessarie al loro sempre parziale e provvisorio comporsi e competere. La democrazia ha bisogno di virtù; ma la virtù della democrazia non è quella di definire l’interesse generale, bensì quella di garantirne la ricerca.
La democrazia è forma, ad oggi la più avanzata, dell’agonismo delle libertà. Una democrazia vera esige infatti il protagonismo di una società vivace, ricca di molteplici e variegati legami associativi, interpretati da persone rispettate nella loro autonomia e differenza.
Il principio di sussidiarietà, nella sua declinazione verticale ed orizzontale, prescrive una metodica vigilanza contro un ingiustificato slittamento di poteri verso l’alto e contro una limitazione o soppressione delle diverse specificità funzionali. La sussidiarietà deve operare non solo nei rapporti fra Stato e società, bensì anche nei rapporti fra le istituzioni, nel senso di articolare una pluralità di livelli di governo e di valorizzare le autonomie locali e funzionali: una articolazione e un federalismo istituzionale che allargano gli spazi di partecipazione e di responsabilità dei cittadini e dei gruppi e che contribuiscono così ad arricchire la stessa azione politica.
Il principio di sussidiarietà si applica anche alla concezione del welfare e stimola a superarne le derive centraliste e statalistiche, per sviluppare forme articolate di welfare pubblico e comunitario, cui contribuiscano sia le istituzioni pubbliche ai vari livelli, in funzione di garanzia, sia le iniziative dei privati, in primo luogo delle organizzazioni no-profit e di volontariato.
Assegniamo al welfare non tanto una funzione assistenziale, riparatoria dei guasti del mercato, ma quella di promuovere l'allargamento delle opportunità personali.
Attraverso la democratizzazione della politica, tende a ridursi nella società lo spazio statale e ad allargarsi lo spazio pubblico (ricco di un’appropriata strutturazione dei principi di sussidiarietà e di responsabilità).
In questo spazio pubblico possono svilupparsi prassi di concertazione non corporativa, nelle quali attori diversi (politici, sociali ed economici) collaborano in vista di un interesse condiviso. In questo quadro può trovare soluzione anche l’annosa questione della scuola non statale: si tratta di distinguere, in un “sistema pubblico integrato”, fra funzione pubblica, che anche la scuola non statale può svolgere, e gestione statale, superando l'idea anacronistica secondo la quale la funzione pubblica della scuola sarebbe necessariamente legata alla sua gestione. La democrazia, per vivere, necessita di una società vitale e vivace e il dinamismo di questa, per parte sua, incrementa e qualifica la democrazia.

La globalizzazione come sfida politica europea e mondiale

La globalizzazione si presenta come la dimensione entro la quale la politica deve operare.
Governandola e indirizzandola con scelte precise tese alla solidarietà e libertà sia della persona umana che della società civile.
Il Movimento Progetto per l’Italia vede la globalizzazione come superamento dell’antico regime degli Stati, realizzazione di codici (diritto, moneta) indisponibili a singole organizzazioni (Stati, imprese) e possibilità per l'apertura dei mercati e del commercio internazionale dai paesi arretrati ai paesi più avanzati. Contesta però la compromissione ecologica e gli squilibri intollerabili di ricchezza imposti da uno sviluppo economico senza regole, dove la produzione di beni privati non sia armonizzata con lo sviluppo sociale, cioè con la fornitura di beni pubblici.
La globalizzazione incontrollata e non governata è portatrice di nuove e più profonde
diseguaglianze tra Paesi e all'interno dei Paesi.
Un nuovo terrorismo nasce localmente e agisce globalmente, perché si radica proprio nei processi di frantumazione e nelle contraddizioni originate da una globalizzazione senza regole. Urge una risposta globale che agisca anche localmente.
La globalizzazione può costituire un’occasione positiva rispetto all'era bipolare delle relazioni tra gli Stati sovrani, se con essa si coglie l’opportunità di costruire un sistema di relazioni planetarie differenziate e multipolari, poliarchiche e policentriche, che rifuggano la logica di un super-Stato.
Serve un governo basato sul multilateralismo, che si esprima nella costruzione di istituzioni
sopranazionali in grado di occuparsi non solo delle regole del commercio, per renderle più
favorevoli ai paesi arretrati, ma della redistribuzione delle risorse fra i paesi, per sostenere uno sviluppo equilibrato, l'affermazione dei diritti umani e l’ampliamento dei diritti sociali, per
facilitarne il rispetto da parte dei paesi poveri, per la salvaguardia dell'ambiente, per la sicurezza internazionale, per prevenire e limitare il ricorso alla forza nell’affermazione del diritto.
Deve affermarsi un nuovo ordine internazionale adeguato agli scenari che si sono delineati, di cui si avverte fortemente l’urgenza, soprattutto dopo l’11 settembre, con la evidente necessità di porre il mondo al riparo dalla minaccia della violenza terroristica.
In particolare, mentre si va ridisegnando l’architettura internazionale con nuovi protagonisti che ricercano una collocazione funzionale alla necessità dei nuovi assetti, l’Unione Europea deve imprimere un decisivo balzo in avanti al processo di integrazione politica, a partire dalla realizzazione di una vera politica estera e di sicurezza comune. Su questo terreno è altre-sì necessario, anche da parte dell'Italia, una riscoperta della dimensione internazionale della politica e la ripresa di un'iniziativa coerente con la sua vocazione europeista.
La globalizzazione esige un di più di capacità di azione e di comunicazione da parte di una società civile aperta e riflessiva. Attraverso reti di comunità locali, movimenti sociali, organizzazioni non governative e libere forme associative ed in particolare attraverso i movimenti dei giovani e delle donne, emergono in tutti i paesi domande di estensione sostanziale dei diritti di cittadinanza e di riconoscimento delle differenze.
Il confronto ravvicinato con l’Altro, interno ed esterno alla propria cultura, è la sfida antropologica della globalizzazione, che richiede, insieme, un forte senso delle proprie radici ed una reale propensione ad aprire lo spazio pubblico a nuovi linguaggi.
In questo senso il riconoscimento della donna, come individuo morale e come cittadina a pieno titolo, è un orizzonte primario nei processi di globalizzazione. Pur nelle espressioni culturali differenti, esso costituisce, per la vita sociale e politica di ogni Paese, una misura della comprensione dell’Altro e, dunque, del grado sostanziale di democrazia e di aderenza al rispetto dei diritti umani. Nel mondo globalizzato, la convivenza pluri-culturale, pluri-religiosa, pluri-lingue, pluri-nazionale appartiene, e sempre più apparterrà, alla normalità, non all'eccezione.

Scienza, tecnica e cultura del limite

La globalizzazione investe la sperimentazione scientifica, la ricerca applicata, l’intervento sulla vita animale, l’utilizzo delle risorse ambientali.
Il Movimento Progetto per l’Italia si àncora al principio che fa della persona umana un fine e mai un mero mezzo. Un principio dal quale scaturiscono criteri ed orientamenti in tema di scienza e di sue applicazioni.
E' fuori discussione la fiducia nella scienza e in chi la coltiva per i benefici che essa ha portato e porta al progresso umano; così come la convinzione che:

  • l'ampliamento delle conoscenze sia obiettivo meritevole e da incoraggiare;
  • la libertà della ricerca sia bene prezioso da garantire contro le indebite pretese del potere politico e del potere economico;
i benefici del progresso tecnico scientifico debbano essere partecipati il più largamente possibile all'umanità tutta e non risolversi in un fattore di dominio di pochi, di disuguaglianza e di emarginazione. E tuttavia da quel principio si ricavano anche limiti non già allo sviluppo della scienza (che è sempre cosa buona), ma alle sue metodiche ed alle sue applicazioni che ledano la dignità e l'integrità della persona umana: di qui la massima secondo la quale non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente lecito. Di più: lo sviluppo delle scienze e delle tecniche che si applicano alla natura e, più ancora alla vita umana, sino ai suoi estremi confini (l'inizio e il termine), sono ricchi di promettenti sviluppi ma anche di inquietanti minacce per quel bene non negoziabile che è la dignità e l'integrità della persona umana in ogni suo stadio e condizione.
Ne consegue il dovere di affinare il discernimento etico e di elevare la soglia della stessa vigilanza politica, adottando quel "principio di precauzione", che si attiva anche solo quando si è posti di fronte al fondato rischio/possibilità che la vita e la persona umana siano minacciate, alterate o manipolate.Del resto questa cultura del limite, coltivata a presidio della vita, degli esseri viventi e segnatamente della persona umana, questa esigenza di preservare una "zona di rispetto" per quella misura di mistero che sempre circonda la vita e la morte ci vengono anche dal movimento delle donne, così singolarmente reattive verso il potere, della scienza e della politica, interpretato come dominio e come possesso dispotici, nonché dalle espressioni più mature del movimento ambientalista. La cultura del limite è da acquisire tra i fondamenti della politica perché il mondo che pretendiamo di governare è dato in prestito all’umanità tutta, ma non è il suo dominio.
A partire dalla riforma del titolo V della Costituzione temi centrali per il futuro dei nostri figli come quelli del clima, dell'ambiente, del suo rapporto con lo sviluppo economico e infrastrutturale, della sua compatibilità con le risorse energetiche, non possono più essere lasciati alle interpretazioni distorte di una nicchia di rappresentanza ideologica.

Laicità, fede religiosa e democrazia

Una democrazia che si identifica con la libertà comporta la "riduzione della politica allo stato
laicale". Le esperienze democratiche più avanzate si sono storicamente avvalse del contributo delle fedi religiose, quando si è creato un ambiente socio-culturale in cui è stato possibile effettivamente conciliare spirito religioso e spirito di libertà. Queste stesse esperienze mostrano come sia necessario annoverare, tra le fedi capaci di sostenere la dinamica democratica, tradizioni di pensiero laico e pragmatico che si sono sviluppate storicamente in rapporto con la tradizione culturale e spirituale giudeo-cristiana. Queste esperienze si oppongono sia alle degenerazioni ateo-assolutistiche che a quelle integristico-fondamentaliste. “Democrazia è Libertà” scommette sulla valorizzazione del rapporto fra credenti e non credenti nel solco del superamento degli "storici steccati".
Tocca ai non credenti riconoscere che l'esperienza religiosa, lungi dall'essere un residuato storico destinato all'estinzione, può rappresentare un fermento che vivifica la vita democratica; tocca ai credenti riconoscere che le convinzioni religiose non possono essere imposte per legge a chi non le condivida e i valori che scaturiscono da una visione religiosa possono sì ispirare l'azione politica e legislativa, ma restano pur sempre distinti dall'ordinamento giuridico: la cornice delle norme deve rispettare il pluralismo delle convinzioni individuali.
Lo Stato non è fonte dell'etica, ma stabilisce le regole di convivenza fra convinzioni etiche diverse, che appartengono alla sfera della libertà individuale costituzionalmente protetta: tutte le libertà consistono in radice nella preservazione di una sfera interiore esente dal controllo dello Stato.